Ciao lett-rice/-tore, stai leggendo il primo articolo di questo blog dedicato ai performers (quel magico e delirante mondo che sta su un palco scenico che pesti scalza/o; oppure dietro le quinte, tra un sound ceck e la pancia in subbuglio prima di entrare in scena).
Questo blog è dedicato a chi – come te – ha una passione forte e sente una spinta irrazionale che ha bisogno di esprimersi in un gesto, d’incarnarsi in un personaggio, di muoversi. Questo spazio virtuale è per te, che devi creare, danzare, interpretare e restituire, altrimenti ti manca il click con la vita.
Questo spazio è anche per te, che sogni e non smetterai mai di farlo.
Questa introduzione doverosa termina qui e lascia spazio al primo capitolo di quest’avventura.
Il paradosso della Cultura
Era il 2004 e io non vedevo l’ora di fare la maturità, sai perché? Perché mi sentivo presa in giro.
Avevo la sensazione di vivere in un ossimoro. Mi trovavo al Liceo Classico – quindi il Vero Unico Luogo in cui imbibirsi di Cultura-quella-vera (rosa, rosae; cardi e decumani; Leopardi, Kant e l’imparare a scriver saggi) – eppure dalla Cultura (quella viva) mi sentivo esiliata.
Sapeva tutto di muffa, il contenuto implicito di ogni sorsata della fonte di Cultura-quella-vera sembrava dire “Ehi, giovane! Dritta con la schiena, parla bene, impara da autori, pittori, architetti purché antichi (che anche se erano contemporanei il programma terminava al capitolo “il secondo dopoguerra”). Mancava uno sguardo sul presente e sentivo l’oppressione del passato.
Da questa premessa, clicchiamo sullo zoom e parliamo di Teatro: si leggeva tanto, ma lo si vedeva poco. Ci struggevamo a studiare i testi dei tragediografi greci, che – poveri – a sentir le nostre traduzioni si rivoltavano nella tomba, ma degli autori in carne ed ossa: il nulla, la desolazione. E io mi dicevo: “ma è come dire di conoscere Tarantino perché hai letto la sceneggiatura di – che ne so – Kill Bill !
E il povero direttore della fotografia? Il set designer? Gli attori?” Ero di parte (di partissima) perché seguivo un corso di teatro, al pomeriggio, e già avevo capito che sarebbe stato un legame di quelli “finché morte non ci separi”.
(Si ma quindi, perché ti sentivi presa in giro?)
Perché avevo una passione, il Teatro (quindi una cosa di Cultura), ma a scuola non la studiavo veramente e non avevo tempo libero a sufficienza per coltivarla, perché i prof mi stavano addosso (tutti e tantissimo) e passavo i pomeriggi a dar retta solo a quegli altri (gli antichi). E quindi fatemi uscire di qui, che la Cultura-quella-vera me la porto appresso, lo giuro (anche perché ormai era incastonata nel mio cervello a forza di “repetita iuvant”), ma ho bisogno di Teatro e di Cultura (quella viva).
Quel Segreto | dove tutto è cominciato
“Ma cosa vuoi fare, Teaaatrooo?”
“Ma col Teatro non si viveee”
“Devi fare l’Università, Giulia, e avere un lavoro vero”
E fu così che la gioia di quel 74 su 100, in quel luglio afoso, venne smorzata dal sovraffollamento di freni a mano che mi volevano insegnare cosa voleva dire essere grandi (per davvero).
La cultura ce l’hai solo se è certificata dall’Alma Mater*.
(Sia chiaro, perfomers, io non ce l’ho con i laureati).
Forse per te è stato o è diverso, ma per me è andata che questo fu solo l’inizio.
Erano mesi di confusione, in cui provai davvero a fare quello che mi consigliarono: m’iscrissi all’università di Lettere di Milano.
Uscivo di casa la mattina e – prima d’imbacuccarmi e immergermi nei miei file mp3 (già, allora non c’era Spotify) – prendevo la mia passione e la chiudevo nello scrigno segreto dei desideri.
Passavo tutto il giorno a fingere interesse per qualcosa che mi scivolava addosso e, lentamente, somatizzavo lo stress di viviere una vita che non era la mia. Tornavo a casa la sera ed estraevo la mia passione, la coccolavo, la mantenevo viva come potevo.
Questo è stato l’inizio.
E mi rendo conto che è anche l’ingrediente fondamentale per ogni giornata. A me serve perché, quando ci sono i periodi stressanti nei quali anche il lavoro più bello del mondo mostra la sua anima oscura, beh, tiro un sospiro di sollievo e mi ricordo che in tasca ho uno scrigno segreto.
E no, signori! La mia passione non me la intaccate con le vostre paranoie collose, con i le vostre invidie da asilo Mariuccia, con la vostra pesantezza asfissiante.
E tu, perfomer, stai difendendo la tua passione? Stai difendendo i tuoi sacrifici, le tue aspirazioni, i tuoi sogni?
Continui a farlo ?
Ispirazioni ed esericizi del mese:
- I veri artisti non fanno la fame
- Con la cultura si mangia
- Esercizio n.1
Fai almeno 3 cose, in questo mese, che coccolino la tua passione.
Falle e se ti va, raccontamele (puoi scrivere nei commenti o su facebook, così anche gli altri si possono ispirare, oppure – se preferisci – scrivimi un’email o un messaggio)
Ti aspetto alla prossima Luna Piena, quando esce il nuovo articolo!
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e sapere quando escono gli articoli
* in Italia – purtroppo – non esiste l’Università per Performer (sì, è triste, lo so).
Ciò, automaticamente, genera una percezione di questo mestiere (insieme ad altri sui generis) che tende a svalutarne molti dei i suoi aspetti peculiari e professionali.
Tuttavia, in altri paesi esiste una formazione accreditata che ha generato un’idea diversa di “artista” e quindi spazi mentali e fisici differenti (soprattutto a livello qualitativo).
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