Buvoland

Performer • Tarot Reader • Storyteller

Buvoland

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HIGH FREQUENCY VIBRATIONS

( MAKE ART, NOT WAR )

A Cuore Aperto

Ciao, 
oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
E’ anche la prima volta in cui decido di mettere nero su bianco la mia esperienza, oltrepassando faticosamente la paura.
Prima di cominciare, ci tengo a precisare che la violenza è orribile sempre.

Per favore, tu che leggi, apri il tuo cuore e cerca di prenderti cura di queste parole.

ph. Sara Politi e Vadim Dieda

La mia esperienza mi ha portato a vivere tre momenti fondamentali, te li racconto piano e brevemente di seguito.

1) negazione

Ho rifiutato fino all’ultimo di accettare quello che mi è successo/ mi stava succedendo perché fa male.
Perché – per una serie di motivi – il nostro “cervello 1.0” come lo chiama il mio psicologo, entra in una modalità primordiale di sopravvivenza e pensa ad andare avanti e a come combattere.
Sì, perché la violenza genera una percezione di pericolo enorme in chi la subisce e il nostro organismo attiva un’allarme.

Abbiamo costruito una società che non c’insegna per nessuna ragione al mondo a considerare le nostre emozioni nella quotidianità degli eventi che attraversiamo (figuariamoci quando si tratta di qualcosa di così shoccante come un abuso o una violenza).
Quando si subisce una violenza, dunque, posto che entriamo in una situazione di adrenalina allo stato brado e ci attiviamo per restare vive/i, il nostro cuore – la sede di tutte le emozioni – viene completamente dimenticato.

Cosa accade? Che si forma una crosta, uno scudo, una difesa necessaria quanto dannosa che ci permette solo di restare in contatto con le nostre “emozioni dure” ovvero, per citarne alcune, rabbia, frustrazione, odio.

Ogni volta che si apre anche solo uno spiraglietto che vuole portare luce in quel buio sommerso, in quella stanza che racchiude tutte le “emozioni morbide”, ecco che sentiamo un male cane e qui entriamo nel secondo momento:

2) la battaglia

Una battaglia sofferente contro noi stesse/i, perché putroppo è così.
Io ho fatto così e so di non essere l’unica. Non me ne faccio una colpa, d’altro canto nessuno ci ha dato un libretto d’istruzioni per saper vivere queste cose, no?

Cominci a correre, a scappare da quel dolore insopportabile di cui ti vuoi liberare; tiri calci e pugni e morsi perché da quel male, anche se lo ignori, non ti puoi nascondere.
Ti sveglia di notte, ti assilla, ti tortura. “Ma come, ancora? dopo tutto quello che ho vissuto tu sei ancora qui? vattene. VATTENE!”

E la tua vita sembra legata a quel dolore per sempre, perché poi quel cielo buio non scompare, le nuvole nere tornano sempre,
e con loro il terrore,
l’ansia

La cosa che fa più male è che, così come non siamo pronti a subire dolore, non siamo capaci di riconoscerlo.
Le persone intorno a te – anche quelle più care e affezionate – ti giudicano perché non possono capire, come se potessi veramente decidere di non soffrire più e ti senti condannata a restare dentro il buco nero, per sempre.

Senti male, un male che ti vuole trascinare non si sa bene dove ed è per questo che scappi, perché hai il terrore che questo dolore ti mandi in mille pezzi.
E poi, quando sarai lì, in mille pezzi, che nemmeno sai più quale frammento sia il tuo centro, chi ti aiuterà a rimetterti in piedi? Tornerai mai in piedi?

E tu continui a combattere questa battaglia che non finisce mai, che ti rende sempre più stanca, che ti consuma da dentro fino a renderti la versione peggiore di te stessa.

Mi ritengo fortunata, perché la Natura mi ha dotato di un carattere molto forte, che mi ha impedito d’ implodere e mi ha fatto saltare dal fondo verso l’alto, per trasformarmi nella versione della Giulia-Guerriera. Non sarò mai grata abbastanza, perché a questo punto, per me, è arrivata la fase 3

3) la luce

ph. Sara Politi e Vadim Dieda

Niente arriva mai con gioia, in una situazione così, perché prima bisogna entrare nella ferita infetta, poi curarla.
Sono arrivata al limite nel febbraio 2016, quando mi svegliai una mattina con un attacco di panico che durò 3 mesi (non è che adesso non ci siano più episodi del genere).

T-r-e m-e-s-i, hai capito bene. Le persone care intorno a me sono state fondamentali per accettazione e guarigione. Lo sono state anche tutte quelle che hanno aprofittato della mia debolezza, del mio dolore, perché mi hanno reso più forte. Inoltre, mi hanno aiutato a scegliere come sarei voluta diventare.

Ho scelto l’amore, la luce, la via della compassione (nel senso buddista nel termine. No, non sono buddista, ma trovo estremamente utili alcuni insegnamenti).
Ho scelto di attraversare quella foresta insidiosa e rivivere con nuova consapevolezza l’umiliazione, l’impotenza, la solitudine, l’abbandono (le “emozioni morbide“).
Ogni giorno, da allora, ascolto quella parte di me.
A volte è fottutamente difficile, perché vorrei avere una vita normale e non sentirmi così, ma non posso.

Posso solo guarire il presente e accettare la Giulia ferita ed essere gentile con lei (direi che di arroganza ne ha avuto abbastanza, o no?)
Sto imparando ad amare me stessa e anche ad accettare ad un livello profondo che gli esseri umani possono essere anche violenti e aggressivi.
Anche quelle persone sono state ferite e nemmeno a loro è stato insegnato come gestire i traumi.

La mia arte nasce da qui. 
Vedo il dolore in me, lo vedo in te.
Mi accolgo, ti faccio entrare,
insieme possiamo guarire
le ferite del mondo.
Ognuno nel suo piccolo,
che poi piccolo non è
perché le bruttezze nascono tutte da dolori grandi,
di minuscoli esseri umani
che poi si dimenticano di essere felici.

Grazie per avermi letto.
Io adesso sto piangendo, ma sono lacrime liberatorie e mi sento meno sola. Spero con tutto il cuore di averti aiutato, se ne avessi avuto bisogno; spero di aver parlato al tuo cuore, per ricordargli che sì, c’è tanto dolore in giro, ma insieme al male, esiste anche la cura. Ti vedo – chiunque tu sia – so che anche tu senti il male del mondo e hai paura, ma non sei sola/o.

Ti abbraccio, 
Giulia

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